Oggi, una camminata in qualsiasi grande città è più che bastante a osservare una grandissima quantità di enormi strutture metalliche in edifici d’ogni genere: ma le tecniche di saldatura necessarie a realizzarle non sono certo state semplici da sviluppare, e per molti secoli l’intera arte e sapienza metallurgica poteva essere riassunta nelle pratiche e nei segreti artigianali impiegati dai fabbri nelle loro forge e botteghe. Solo dopo lunghe sperimentazioni, e dopo l’applicazione al dilemma di inventori e scienziati, divenne immaginabile immaginare e infine creare le speciali macchine saldatrici che oggi ci permettono di ottenere risultati del tutto impossibili per i costruttori di un tempo. Ripercorriamo allora, rapidamente, le numerose tappe storiche attraversate dalla tecnica della saldatura, dai suoi albori fino alle più moderne e diffuse applicazioni: è un tragitto di svariati secoli, e con sorprese inaspettate.
La saldatura in forgia, la forma più antica di tecnica di congiunzione fra due parti metalliche, risale davvero agli inizi dello sfruttamento del metallo da parte degli esseri umani: parecchi scavi archeologici e studi precisi hanno identificato degli esempi inequivocabili di tale processo sia in Europa che in Medio Oriente, risalenti all’età del Bronzo come a quella del Ferro. Addirittura, nella sua fondamentale opera “Le Storie” del quinto secolo dopo Cristo, lo storiografo greco Erodoto identifica (con forse poco rigore ma con molta precisione) uno specifico inventore che, da sé, avrebbe secondo lui inventato l’intera tecnica della saldatura del ferro: si tratterebbe di Glauco di Chio. E abbiamo una prova lampante e decisamente attendibile dell’uso della saldatura in Estremo Oriente, e precisamente in India, nel Pilastro di Ferro di Delhi, del peso di più di cinque tonnellate, eretto intorno al 310 dopo Cristo. La tecnologia della saldatura in forgia, che consisteva sostanzialmente nel battere frequentemente a caldo i pezzi di metallo fino a che questi non risultassero uniti fra di loro, rimase a lungo come dicevamo la sola esistente: i fabbri del Rinascimento erano specificamente abili nel praticarla, e al 1540 risale il testo “De La Pirotechnia”, in cui Vannoccio Biringuccio, un esperto Italiano di Metallurgia, la descrive nel dettaglio insieme a molte altre tecniche di lavorazione dei metalli fino ad allora tenute segrete.
La grande rivoluzione nella saldatura è però ben più tarda, del 1800, ed è, almeno all’inizio, tutta russa: a renderla attuabile, proprio all’inizio del secolo, fu la invenzione dell’Arco Voltaico, ad opera dello scienziato Vasily Petrov, che ne propose fra gli utilizzi possibili proprio quello della saldatura. Furono suoi connazionali ad effettuare le scoperte e creare le invenzioni più importanti in questo campo, come Nikolai Benardos, che nel 1881 costruì il primo saldatore ad arco con elettrodi di carbone, e Nikolai Slavyanov, che sette anni più tardi lo perfezionò con elettrodi metallici, per finire con Vladimir Mitkevich, che nel 1905 propose l’utilizzo dell’arco voltaico trifase per le saldature. Fu proprio questa tecnica che finì con il sorpassare tutte le altre (soprattutto quella ad ossiacetilene, sviluppata nel 1836 e perfezionata nel 1900) mano a mano che veniva perfezionata, prima negli anni ’20 del 1900 con l’invenzione del saldatore automatico, e poi con l’introduzione dei gas schermanti, per permettere la saldatura di altri materiali e perfino sott’acqua. Anche oggi che esistono altre tecniche particolari, come la saldatura laser e quella a impulsi elettromagnetici, i loro costi proibitivi fanno sì che la gloria del predominio rimanga alla saldatura ad arco.